Per oltre 1.500 anni la chiesa romana ha
fatto del cattolicesimo un'arma per difendere le classi dominanti
sfruttatrici e schiacciare le classi oppresse, oltreché per riprodurre e
ingigantire il proprio potere sull'umanità. La grande svolta avvenne
con il passaggio del cristianesimo da religione tollerata (editto di
Costantino, 313 d.c) a religione di Stato (editto di Teodosio 381 d.c), da religione degli oppressi a religione degli oppressori.
Il sistema schiavistico romano implodeva schiacciato dalle sue
contraddizioni, l'Impero romano era assediato dai barbari e il suo
centro economico e politico era passato da Roma a Costantinopoli, le
religioni monoteiste soppiantavano il paganesino. A questo stesso
periodo risale l'opera di mediazione politica dei custodi della fede
cattolica con le popolazioni barbariche e i re nonché l'uso della
religione per conciliare e stemperare la lotta di classe dei contadini e
delle masse popolari (la cosiddetta teoria della "Tregua di dio" che
con la scusa di difendere i poveri contro gli abusi di potere
legittimava lo sfruttamento signorile). Nel frattempo con il documento
testamentario, inventato di sana pianta dal primo vescovo di Roma,
vastissimi possedimenti e beni dell'impero passarono nella mani della
chiesa, e da lì nacque e si consolidò il cosiddetto potere temporale
(politico e statale) della chiesa.
Il potere temporale della chiesa
Quando dopo la caduta dell'impero romano, emergeranno i primi regni
romano-germanici e il sistema schiavistico romano si trasformava nel
sistema feudale i tempi saranno maturi per fare del "Sacro romano
Impero" il braccio secolare della chiesa per la conservazione della fede
e della disciplina ecclesiastica: il potere dei principi e dei grandi
proprietari terrieri sarebbe servito per "imporre con il terrore" ciò
che i sacerdoti non fossero riusciti ad imporre "con la parola" (Isidoro
di Siviglia sec. VI e VII d.c). Tra il VI e VIII secolo la Roma papale,
ingrassata parassitariamente dalle "donazioni pie" diviene il
principale centro politico dell'Occidente.
La storia della "Santa Inquisizione" non può essere compresa al di fuori
del sistema economico dominante dell'epoca storica in cui nacque: il
feudalesimo. Gli alti gradi della gerarchia ecclesiastica erano infatti
membri di grandi famiglie signorili, determinando tra aristocrazia laica
ed alto clero una trama di vincoli di sangue, di interessi, di
mentalità quanto mai stretta. Non a caso per tutto il medioevo il
possesso della curia romana è il susseguirsi di lotte intestine tra i
rappresentanti della nobiltà.
Dio stesso venne effigiato come un signore seduto in trono e attorniato
da una corte di vassalli celesti, in atto di concedere in feudo parti
del paradiso, i cristiani considerandosi come fedeli presero l'abitudine
di di inginocchiarsi a lui in mani giunte, nell'identica posizione cioè
del vassallo nei confronti del signore feudale. Il rito della
investitura dei beni del proprietario terriero nelle mani del feudatario
in cambio della ricompensa dei servigi del vassallaggio erano
riprodotti nei riti di conferimento delle cariche ecclesiastiche e
persino nel rito con cui il papa incoronava i sovrani d'Europa che stava
a rappresentare il controllo indiretto del papato su tutti i feudi di
Europa. La religione cristiana e la filosofia (scolastica), così come
l'intera cultura (oscurantismo) venivano piegate ed adeguate alla difesa
e conservazione dei rapporti di produzione dominanti. In questo senso è
interessante notare come il termine "madonna" (domina) cioè il
femminile di signore, sia stato scelto sia per indicare la Vergine sia
per designare la donna che il cavaliere sceglieva nei riti dell'amore
mondano come oggetto di una devozione fedele e di servizi per i quali si
attendeva una ricompensa.
Così più o meno al tempo in cui Carlo Magno (definito vescovo dei
vescovi) fu incoronato re dal papa (natale del '800), nacque il diritto
canonico che, debitamente mescolato al diritto romano, costituirà la più
importante sovrastruttura giuridica di tutti regni del medioevo feudale
e raggiunse l'universalità in Europa con l'affermazione del papato
seguita alla "riforma" gregoriana del sec. XI, che autoproclamò il clero
romano gerarchizzato al di sopra di tutte le altre chiese ridotte a sue
succursali e concentrò tutto il potere ecclesiastico nelle mani del
monarca assoluto, del dio in terra, il papa, eletto solo da una schiera
ben selezionata di cardinali (1059). I rilevantissimi patrimoni feudali
della chiesa potevano così essere difesi ancor più che con le armi dei
principi, dei baroni, dei feudatari e dei vassalli, molto spesso dei re,
con altre e ben più potenti armi nelle mani dei papi: la scomunica e
l'interdizione che non solo separavano il colpevole dalla comunità di
culto, ossia tutto il regno della cristianità, ma lo isolavano anche dal
contesto civile, dalla società, privandolo di tutti i suoi diritti e
beni. In questo modo i possedimenti depredati dalla chiesa si
decuplicarono. Per estendere ancora l'Impero della chiesa il papato, in
collaborazione con i vari sovrani e i grandi feudatari del tempo
promossero ben otto crociate in Palestina (1096-1274). Sotto la bandiera
della "guerra santa contro l'Islam" terrorizzarono e saccheggiarono in
lungo e in largo il Mediterraneo mentre in Europa, dalla Spagna al
Baltico a Costantinopoli, sterminarono tutti gli elementi o movimenti
eterogenei che si ribellavano alla servitù della gleba e che non si
lasciavano assimilare nelle strutture civili ed ecclesiastiche. Non a
caso proprio nel 1096 ebbero inizio le persecuzioni, le espropriazioni e
i massacri delle comunità ebraiche che fino ad allora erano convissute
senza grossi problemi nel mondo cristiano. Non fu risparmiata nemmeno la
chiesa ortodosso bizantina. Anche la repressione dell'eresia catara
aveva lo stesso scopo e assumeva il carattere di una vera e propria
"crociata interna" contro gli albigesi (1209-1218) in seguito alla quale
gran parte del sud della Francia fu messo a ferro e fuoco.
Dato che le campagne militari non bastavano i papi decisero di
costituire per la repressione della eresia una organizzazione
giudiziaria permanente e onnipresente che prese il nome di Inquisizione.
L'Inquisizione fu la logica conseguenza della sacralizzazione del
potere papale, che direttamente, e senza mediazioni, ne concesse e
legittimò gli immensi poteri. A monte il "carattere divino" della
chiesa, il potere del pontefice di definire la verità e perseguire
l'errore, di mediare tra l'aldilà e l'aldiqua, di sciogliere e legare,
alla luce della "verità" definita, tutti gli aspetti della vita sociale.
è anch'essa un riflesso del consolidarsi dei rapporti feudali e nello
stesso tempo il sintomo dello sgretolarsi di questi stessi rapporti.
Come i vassalli e valvassori erano stretti in una rete di proibizioni
tali da impedirgli di nuocere al signore nel corpo, nei beni e
nell'onore, così fu anche per l'intera società imprigionata ogni minuto
al rispetto della ferree regole e doveri imposti dal clero. Attraverso i
secoli, l'Inquisizione fu il più efficiente e mostruoso meccanismo di
controllo sociale della storia dell'Occidente cristiano, poiché il suo
potere, prima che sulle azioni, si abbatteva sui pensieri, sulle
intenzioni, sulle scelte devianti. Non è un caso che il termine "eresia"
voleva dire originariamente "scelta".
L'Inquisizione come metodo di governo
Nel 1184 papa Lucio III in accordo con Federico Barbarossa con la
bolla Ad abolendam istituì in ogni diocesi una inquisizione episcopale
per individuare e colpire con l'aiuto della autorità secolare persone e
parrocchie infette da eresia. Il concilio Lateranense IV confermando ed
estendendo nel 1215 le pene spirituali e temporali già in uso affermava
la repressione dell'eresia sul piano della legislazione universale della
chiesa e fu introdotta la pena di morte mediante il rogo per i delitti
di "lesa maestà divina". Grazie alla deduzione del purgatorio,
"invenzione" di Bonifazio VIII, primo Jiubilee maker, si accentuò ancora
di più la dittatura papale. Nel 1335 in Piemonte, all'Inquisitore che
li interroga, i valligiani valdesi, che poi furono tutti impiccati o
bruciati, risposero che nell'altra vita si aspettavano solo l'inferno o
il paradiso e che il purgatorio è qui sulla terra.
Da Roma si cominciò quindi ad inviare con sempre maggiore frequenza
delegati papali da sostituire ed affiancare ai vescovi meno zelanti o
efficienti finché Gregorio IX a partire dal 1231 istituì su tutto il
territorio della cristianità una rete di tribunali aventi giurisdizione
per crimini di eresia. A presiedere questi tribunali erano inviati
membri degli appena nati ordini mendicanti (i domenicani soprattutto ma
anche i francescani), fedeli esecutori del centralismo papale. Soggetti
all'Inquisizione erano tutti i sospetti di eresia (catari, valdesi,
beghini, spirituali, ecc.), tutti gli oppositori politici ma anche gli
imputati di "delitti" contro la morale e la disciplina della chiesa, i
bestemmiatori: tutti i casi in sostanza nei quali l'inquisitore avesse
giudicato l'offesa della legge ecclesiastica tanto grave da toccare
problemi di fede, ovvero interessi ecclesiastici o nobiliari. La
colpevolezza era stabilita mediante prove testimoniali o per la
confessione del reo: per ottenerla questa si ricorreva sistematicamente
al regime carcerario più duro (digiuni, catene ecc.) e alla tortura
(tratti di corda, cavalletto, carboni ardenti, ecc.), la difesa era
pressocché inesistente. Le stesse spese dei tribunali venivano sostenute
con le multe e la confisca dei beni dei colpevoli. Sin dai tempi della
bolla Ad extirpanda (1252) la tortura era sta legittimata come elemento
(fondamentale e spesso, di fatto, unico) di prova ed era applicata con
puntiglioso formalismo burocratico (la damnatio - correctio giubilare
insiste sui "precisi limiti di durata").
Le vittime della "Santa Inquisizione" sarebbero state secondo alcuni
storici circa dieci milioni, in maggioranza donne (le cosiddette
"streghe") mentre secondo medievalisti cattolici come Gustav Henningsen,
solo nell'età moderna in Europa furono centomila i processi di cui la
metà si conclusero con la condanna al rogo.
Il re Ferdinando d'Aragona e la regina Isabella di Castiglia nel 1478
chiesero al papa Sisto IV il rafforzamento e la riorganizzazione del
tribunale inquisitoriale ottenendo la facoltà di designare essi stessi
gli inquisitori. In Spagna l'Inquisizione fu al servizio della crociata
per la "riconquista cristiana" del paese, una vera e propria pulizia
etnico-religiosa: gli ebrei non convertiti vennero espulsi in blocco dal
paese nel 1492, mentre i Mori furono espulsi nel 1609 perché "di sangue
impuro". Questi primi esempi di razzismo ed antisemitismo della storia
dell'umanità, diedero luogo ad imitazioni in tutto il continente fino
alla Russia zarista.
In tutta l'Europa il processo inquisitorio fu definitivamente codificato
nella Nuova Inquisizione post-Riforma luterana, a partire dal 1542
(Bolla Licet ab inizio di Paolo III). In seguito alla formazione dei
blocchi religiosi contrapposti ed al Concilio di Trento il papato non
solo restaurò i tribunali inquisitoriali ma creò in Roma una commissione
di cardinali incaricati di coordinare tutti gli interventi repressivi
nei confronti degli eretici, la congregazione della Romana e universale
inquisizione o Sant'uffizio. Era presieduta dal papa e mantenne intatti i
principi fondanti dell'Inquisizione medioevale (crociata contro gli
albigesi e loro sterminio), dell'inquisizione di Spagna ("estirpazione" e
conversione forzata degli ebrei e dei musulmani) dandosi
un'organizzazione totalmente centralizzata, a guardia della imposizione
capillare della fede cattolica ortodossa e del controllo sociale di
massa che la Controriforma stava consolidando. Il sospetto faceva
scattare il meccanismo inquisitorio. Era di per sé il segno della colpa.
Qualsiasi altro crimine, se ci sono i segni della "peste eretica" o
della trasgressione al modello del magistero, è associato all'eresia.
L'intero impianto giudiziario era basato sulla cultura della delazione.
Praticata da sempre, all'interno e verso l'esterno, spettava al Santo
Uffizio che razionalizza il sospetto come presunzione di colpa e ne
introduceva la capillarizzazione sistematica nell'area cattolica - il
compito di assicurarne la tutela, e naturalmente la sacralizzazione. La
delazione è segreta ("... al-l'imputato deve essere comunicata solo la
sostanza delle deposizioni dei testimoni a carico, senza nomi né
possibilità di individuarli": decreto della Congregazione del Santo
Uffizio, 1566) ed è "un dovere per il popolo cristiano", perché se si è
obbligati a denunciare i crimini di lesa maestà, a maggior ragione è
doveroso denunciare il supremo peccato-crimine di lesa maestà divina.
Così il padre è obbligato a denunciare il figlio, il marito la moglie, e
viceversa, anche perché chi rivela al Santo Tribunale l'eresia dei
propri consanguinei ("de' loro padri ancorché non fossero nati dopo il
paterno delitto", 1621) non solo non incorre nelle pene stabilite e
compie "un'impareggiabile opera di carità", ma può anche usufruire di
speciali indulgenze per sé e per gli altri suoi defunti.
In piena Controriforma, Dominico Scoto (1582) afferma: "...le orecchie
umane giudicano le parole dal suono, ma il giudizio divino considera
quei suoni se sono o no in accordo con l'intenzione... Dio ode le parole
non pronunciate e le giudica vere anche se l'uomo non è in grado di
accorgersi della discrepanza". La tacita cogitatio, il pensare senza
parole permette di dirigere l'intenzione in senso contrario rispetto a
quanto è indicato dalle parole!" Il massimo della spietatezza, era la
"tortura per l'intenzione". Se, dopo una confessione completa, il
sospetto-reo negava di avere avuto intenzioni eretiche mentre si
comportava da eretico, veniva torturato non sul fatto ma sulla "sua
empia credulità ed intenzione". Rovesciamento del principio giuridico
antico secondo cui nessuno può essere punito per quello che pensa
(Cogitatio poena nemo patitur).
Il Sant'Uffizio ampliò la sfera di competenza e i poteri in particolare
durante i pontificati di Paolo IV (1555-1559) e Pio V (1566-1572) che,
come molti altri loro colleghi, erano stati cardinali inquisitori prima
di accedere al papato, fino ad affermarsi come la prima di tutte le
congregazioni nella riorganizzazione della curia romana operata da Sisto
V (1588). Ad essa venne affiancandosi una congregazione autonoma ma in
realtà strettamente legata e quasi subordinata per l'esame e la censura
della stampa, la congregazione dell'indice dei libri proibiti, istituita
nel 1571. Per suo tramite gli inquisitori esercitarono una vigilanza
speciale sul mondo della cultura, dalla concessione della licenza per la
stampa e il commercio del materiale libraio, al bando e alla censura
per le opere, compreso i classici, ritenuti, anche indirettamente
pericolosi per la dottrina e la morale cattolica. La strage di 10mila
ugonotti protestanti il 24 agosto del 1572 a Parigi, la condanna di
Galileo, Tommaso Campanella, Erasmo da Rotterdam, Niccolò Cusano, Pico
della Mirandola e il processo e il rogo di Giordano Bruno sono il
culmine di questa nuova fase inquisitoriale i cui principi fondanti sono
dedotti dal suo fine supremo: perseguire "l'eretica gravità" che si
macchia del crimine supremo: "lesa maestà divina". Così la "Santa
Inquisizione" in Europa continuò a schiacciare soprattutto le classi
oppresse dal sistema feudale oltreché i concorrenti politici
convertitisi al protestantesimo o al calvinismo anche se tutti, nobili,
mercanti, alti prelati compresi i cardinali, funzionari reali, al di
fuori soltanto del re, potevano essere inquisiti, se denunciati come
sospetti.
Tra il 1500 e il 1600 la chiesa allungò le mani al seguito dei
conquistatori e mercanti fino all'America latina, all'Africa e
all'Oriente contribuendo ai massacri, a volte al genocidio, delle
popolazione indigene ed alla espropriazione e conversione forzata dei
superstiti (ricordiamo tra i tanti il tribunale inquisitoriale di Lima
che sradicò le religioni precolombiane). Oltre ai domenicani fu il nuovo
ordine dei gesuiti (la compagnia di Gesù) a fare delle missioni nei
continenti extraeuropei un imponente veicolo di penetrazione coloniale.
Tra i crimini della chiesa in Italia non può essere taciuto l'appoggio
alla repressione della rivolta popolare antifeudale e antimonarchica
guidata dal pescivendolo napoletano Masaniello che aveva costretto alla
fuga il vicerè spagnolo (1647) ) e nel giugno del 1799 lo sterminio,
compiuto per conto della monarchia e della "Santa Sede" dal cardinale
Ruffo, che strumentalizzò debitamente i sentimenti religiosi dei
contadini e dei briganti, della borghesia intellettuale partenopea che
aveva dato vita alla repubblica partenopea.
Le ultime scorribande armate della chiesa erano il segno che
l'Inquisizione stava perdendo progressivamente potere, man mano che il
potere economico e poi politico passerà nelle mani della borghesia
(l'ultimo tribunale dell'Inquisizione a scomparire è quello spagnolo nel
1834) ma la sua logica rimarrà intatta ben oltre il Concilio Vaticano I
(1869-1870) dove venne sancito il dogma indiscutibile ed eterno
dell'infallibilità del papa e vennero condannati e messi al bando il
razionalismo, il positivismo e le altre dottrine moderne (naturalismo,
materialismo, panteismo). L'Inquisizione fu definitivamente soppressa
dagli stati costituzionali nati sull'onda dalla rivoluzione francese,
senza quindi alcun provvedimento formale da parte della "Santa Sede";
perse di fatto, in concorrenza con gli stati, ogni potere giudiziario
pur mantenendo un posto centrale come strumento per la difesa della
ortodossia anche nel riordinamento della curia romana operata da Pio X
nel 1908. L'Indice dei libri proibiti rimase in vigore ufficialmente
fino al 1966.
La borghesia si allea con la chiesa
La borghesia diventata ovunque in Europa classe dominante in molti
casi ritenne utile al mantenimento del suo potere l'egemonia religiosa e
culturale della chiesa romana. Ciò avvenne con particolare evidenza
proprio in Italia dove la borghesia alleata con le vecchie classi
sfruttatrici non attuò mai una disarticolazione della organizzazione
medioevale della chiesa, né tanto meno l'espropriazione completa e
definitiva del suo potere temporale e una vera separazione tra lo Stato
borghese e la chiesa. Garibaldi, che lo avrebbe voluto, fu fermato con
le armi da Cavour e Vittorio Emanuele II perché il Vaticano, come aveva
fatto fin dalla sua nascita si schierò quasi subito con i nuovi padroni
capitalisti, con la classe dominante borghese oltreché con i
latifondisti con i quali era legato da un millenario intreccio di
interessi. Dopo il periodo interlocutorio della "legge delle
guarentigie" (che lasciò insoddisfatto Pio IX) il Vaticano terrorizzato
dall'esplodere della lotta di classe del proletariato nel nostro paese e
dalla Rivoluzione d'Ottobre appoggiò al pari della monarchia sabauda il
regime fascista ottenendo in cambio il concordato del 1929 sottoscritto
nel palazzo del Laterano da Benito Mussolini e Pietro Gasparri,
plenipotenziari del re Vittorio Emanuele III e del pontefice Pio XI: Con
esso la religione cattolica diventò la "sola religione di Stato", venne
sancita la assoluta libertà di esercizio e organizzazione della chiesa,
vennero garantiti da ogni ingerenza statale i possedimenti e l'intera
organizzazione dello Stato teocratico monarchico del Vaticano al quale
fu versato anche un enorme risarcimento finanziario e garantito il
finanziamento pubblico e l'evasione fiscale, fu disposta l'esclusione
degli apostati e dei colpiti da censura ecclesiastica dall'insegnamento e
dai pubblici uffici. La curia romana in cambio insegnò ai prefetti, ai
questori, all'Ovra e alle squadracce fasciste i metodi della "Santa
Inquisizione" e quando la gloriosa Resistenza apparve vittoriosa si
prodigò per far fuggire all'estero numerosi criminali fascisti e
repubblichini. Grazie a De Gasperi e all'opportunismo di Togliatti i
patti Lateranensi furono richiamati nella costituzione
democratico-borghese all'art. 7 in netta contraddizione con l'art. 8
dove si dichiaravano tutte le confessioni religiose libere davanti alla
legge. Nel dopoguerra la chiesa si concentrò nella lotta contro l'eresia
comunista: la bolla del Sant'Uffizio papale del 1949, che seguiva
quella del 1937, condannava il marxismo e vietava ai cattolici di essere
comunisti. Il Vaticano, direttamente e indirettamente tramite la
Democrazia Cristiana ed organizzazioni come l'Opus Dei collaborò
attivamente con la struttura segreta della Nato a riarruolare in
funzione anticomunista mafiosi e fascisti fuggiti all'estero e a
finanziarne tramite la Banca Vaticana e lo Ior diretto dal cardinale
Marchinkus le logge massoniche e golpiste protagoniste della "guerra
civile a bassa intensità" che si trasformò ben presto (Portella delle
Ginestre) in stragismo di Stato. Non c'è da stupirsi quindi se negli
anni '70 il papa nero Wojtyla andava a stringere la mano del dittatore
cileno Pinochet, se il papa ha santificato il franchista e fascista
cardinale Escrivar, se lo si vede oggi raccogliere i baciamano del nuovo
Hitler Bush e del neoduce Berlusconi, se i suoi cardinali lanciano le
crociate contro il divorzio e la libertà sessuale delle donne, per
abolire la legge sull'aborto, vietare la fecondazione assistita,
sopprimere il darwinismo dall'insegnamento scolastico, fondare i
programmi scolastici sulla base dell'"antropolo-gia cristiana",
restaurare il dominio clericale in campo scolastico, inserire nella
Costituzione europea un riferimento alle "radici cristiane", seguire le
missioni imperialiste nel mondo per evangelizzare i popoli sottomessi.
l'Inquisizione e il S.Uffizio del resto, anche se non più nella versione
medioevale e debitamente riverniciati, esistono ancora, e Paolo VI ne
ha solo mutato l'antica denominazione in quella di "sacra congregazione
per la dottrina della fede"(1965), il cui compito continua ad essere
quello di tutelare la fede e i costumi in tutto il mondo cattolico. Il
concilio Vaticano II introdusse dei piccoli cambianti, come un ritorno
alla dottrina conciliaristica (più potere ai cardinali), che in passato
caratterizzò la breve fase delle duplicazione dei papi, ma
complessivamente generò soltanto illusioni tra i cristiani circa la
riformabilità della chiesa cattolica.
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