Un biopsicologo pubblica una sua visione del prossimo futuro in materia di religione.
Ecco qui la traduzione e i commenti in rosso.
I
Paesi con tenore di vita migliore stanno diventando atei. Una tendenza
che ci offre la possibilità di dare un'occhiata a come sarà il mondo tra
non molto. Chi crede se la prende quando sente dire che a causa del
progresso Dio farà la fine del cavallo come mezzo di trasporto. Una
visione del genere, ovvero che la religione dovrà cedere il passo
all'ateismo, è nota come la teoria della secolarizzazione.
Veramente con secolarizzazione si intende l'allontanamento dal sacro, un modo di vivere "da mondo" come è stata definita nel 600. Ai giorni nostri si intende un modo di vedere la realtà in modo profano, scientifico, sperimentale, mai trascendente o metafisico.
La
versione che preferisco è quella nota come ipotesi della sicurezza
esistenziale, ovvero: grazie a una migliore qualità della vita, gli
individui si preoccupano meno dei generi di prima necessità o
dell'eventualità di morire o di ammalarsi. In altre parole, si sentono
più sicuri e non avvertono la necessità di affidarsi a un'entità
superiore per placare ansie e paure. Ed esistono molte prove che
dimostrano come il miglioramento delle condizioni di vita comporti anche
un certo declino della religiosità. Ciò non toglie però che studiosi
serissimi, come il politologo Eric Kaufmann, sostengano il contrario, e
cioè che il fondamentalisti diventeranno più di tutti quanti noi.
Eppure, per quanto facciano molto parlare di sé, gli integralisti
rappresentano minuscole minoranze sul totale della popolazione mondiale,
senza contare che rappresenteranno una realtà ancor più marginale col
crescere del benessere mondiale e del tenore di vita. Inoltre, quando i
fondamentalisti si integrerano dal
punto di vista economico, le ragazze vanno a lavorare e formano
famiglie più piccole, che è un po' quello che sta succedendo ai Mormoni
dello Utah.
Il parametro più ovvio per cercare di stabilire
quando il mondo diventerà in maggioranza ateo è la crescita economica.
Logico, perché lo sviluppo economico è il fattore chiave nella
secolarizzazione. Per arrivare a questa affermazione ho usato come
pietra di paragone i nove paesi più "senza Dio" (ad eccezione
dell'Estonia in quanto Paese ex comunista). E cioè: Belgio, Repubblica
Ceca, Danimarca, Francia, Germania, Giappone, Paesi Bassi, Svezia e
Regno Unito, nei quali nel 2004 esattamente metà della popolazione
dichiarava di ‘non credere in Dio’ (fonte: Zuckerman, P. (2008).
Society without God: What the least religious nations can tell us about
contentment. New York: New York University Press). Il loro Pil era di media 29822 $ contro i 10855 $ della media dei Paesi mondiali. Quanto tempo
passerà prima che l'economia mondiale sia cresciuta abbastanza da far
sì che il Pil della media dei Paesi mondiali raggiunga quello dei "Paesi
senza Dio" nel 2004? Considerando il tasso di crescita medio globale
degli ultimi trent'anni pari al 3,33% (come riporta il sito dell'FMI),
il passaggio all'ateismo dovrebbe avvenire intorno al 2035.
Anche la Repubblica Ceca è un paese ex-comunista, mentre il Giappone ha un modo di intendere la religione completamente diverso dal nostro.
Credere
o no in Dio non è, naturalmente, l'unico parametro rilevante quando si
parla di religione. Una persona potrebbe, per esempio, essere credente
senza che la religione influenzi la sua vita quotidiana.
Ecco un modo di fare ottimale
Un modo per
stabilire la profondità dell'impegno religioso è, come ha fatto la
Gallup Organisation in una serie di studi su scala mondiale, chiedere a
coloro che partecipano al sondaggio se ritengano importante la religione
nella loro vita di tutti i giorni. Laddove meno del 50% della
popolazione affermi che la religione sia importante indica che il Paese è
diventato un Paese a maggioranza atea. I Paesi “senza Dio” sono
risultati essere Spagna, Corea del Sud, Canada,
Svizzera, Uruguay, Germania e Francia. Al tasso di crescita medio annuo
del 3,33%, la media dei paesi del mondo raggiungerebbe un livello
equivalente di ricchezza delle nazioni atee, "senza Dio", nel 2041. Se
la ricchezza nazionale porta alla secolarizzazione, allora la
popolazione mondiale sarà atea nel 2041, quando la maggioranza
considererà la religiosità poco importante.
Volendo
fare una media, la popolazione mondiale sarà atea nel 2038 (media tra
2035, “non credo in Dio” e 2041, “la religione non è importante nella
vita quotidiana”). Se il 2038 sembra troppo vicino, basta
un’oscillazione di solo un 1% annuo, tanto nel considerare l’assenza di
fede che la religiosità nella vita quotidiana; se consideriamo l'Indice
di Sviluppo Umano la transizione verso l'ateismo potrebbe essere anche
più rapida (vd Barber, N. (2012). Why atheism will replace religion: The triumph of earthly pleasures over pie in the sky).
Anche la Corea del Sud, come tutti i paesi orientali, ha un modo di intendere la religione diverso dal nostro. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, paese con maggior PIL di quelli nominati, si noti che la religiosità è molto diffusa nelle zone rurali, scarsamente abitate, mentre nelle ricche città è meno diffusa.
Ma
la perdita del credo religioso è qualcosa di cui dovremmo avere paura?
Contrariamente a quanto affermano i leader religiosi, i Paesi atei sono
anche Paesi di grande integrità morale, con un livello insolitamente
alto di fiducia sociale, uguaglianza economica, bassa criminalità e
forte impegno civile. Che non è poi così male
I leader religiosi pensano al loro tornaconto economico: se ci sono meno credenti ci sono meno clienti.
Eh si.
RispondiEliminaIn URSS c'era l'ateismo di stato.
E infatti c'erano:
grande integrità morale(corruzione a mille!!)
con un livello insolitamente alto di fiducia sociale, (suicidi, di cui non trovi notizia nelle statistiche)
uguaglianza economica (tutti alla fame)
bassa criminalità e forte impegno civile (certo come no)
Siberia a parte stavano benissimo....
Il problema, caro amante di Daitarn 3, è tutto nella capacità di capire quello che è scritto: non è lo svilupparsi dell'ateismo che migliora la vita sociale, ma il migliorare della vita sociale che fa aumentare il numero di atei.
RispondiEliminaA essere pignoli, nell'URSS (almeno sulla carta) c'era la libertà di religione. E ancor prima la situazione nell'impero zarista (quindi succube della chiesa ortodossa) non era molto migliore di come l'hai dipinta tu.
Ho commentato soprattutto l'ultima frase.
RispondiEliminaDire che in URSS c'era libertà di religione la trovo un'affermazione quantomeno stravagante. :)
Ma bisogna anche intendersi sul cosa vuol dire essere atei: perchè alla fine l'uomo integralmente ateo non esiste.
La nostra struttura di uomini ci porta "inevitabilmente" prima o poi, a porsi domande sul senso della vita e quindi di fatto a chiedersi se esista o meno un "dio". E la risposta che ci diamo non è mai soddisfacente. Se essere ateo, significa semplicemente non praticare nessuna religione, allora vabbè.
Ma che con un miglior benessere non ci si preoccupi di morire o di ammalarsi, e quindi non ci si ponga il problema del vivere. è abbastanza falso. Guarda il figlio di Agnelli. Aveva tutto. E si è ammazzato. Gli mancava, evidentemente l'indispensabile.
infatti ho scritto "sulla carta". La costituzione dell'Unione Sovietica consentiva la libertà religiosa.
EliminaPer quanto riguarda i paesi atei di cui si dice nel post sono: Spagna, Corea del Sud, Canada, Svizzera, Uruguay, Germania e Francia. Non si parla della Cina. E ricordo che in Cina e Corea del Sud la definizione di dio non è uguale alla nostra. Dire dell'Urss scrivendo al presente quando sono passati 20 anni dal suo crollo non ha nessun senso.
Gli uomini nascono atei, vengono indottrinati a seconda della famiglia in cui crescono o del posto in cui sono nati. Se una persona cresce libera da questi condizionamenti si farà delle domande su cosa c'è dopo la morte, quindi qual'è il senso della vita, chiedersi sull'esistenza o meno di una divinità ce ne vuole di tempo...
Chissà cosa pensano invece quelli che si suicidano perchè non hanno niente? Non fanno notizia come Agnelli, ma ce ne sono.